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MXoN. Prosegue il conto alla rovescia

Poco più di due mesi, poco più di 60 giorni. Tanto manca al Motocross delle Nazioni 2016 a Maggiora Park, dove 30 anni fa andò in scena quella che da molti viene definita la gara più bella del Motocross moderno. Pubblichiamo l’intervento di Giulio Gori, che nel 1986 era interno all’organizzazione del Trofeo delle Nazioni come ufficio stampa e oggi è Direttore dell’Ufficio Comunicazione FMI e di Motitalia, il mensile della Federmoto.

Quasi sempre succede così. Ti rendi conto di aver vissuto una giornata storica solo qualche tempo dopo. Quando l’adrenalina del momento sfuma e restano immagini, suoni, sensazioni che si trasformano in ricordi indelebili. Sì, è così senza esagerazioni e, per fortuna, nello Sport succede. Non spesso ma succede. Il Nazioni di quell’86 era nel mirino sia dal punto di vista organizzativo per la inedita formula di gara su tre manche a cilindrate accoppiate, che da quello sportivo per un’Italia che solo due anni prima si era affacciata nell’Albo d’oro di un titolo Mondiale, con Rinaldi.

Incertezze, dubbi, tensioni della vigilia svanirono di fronte a quelle migliaia di spettatori che, come noi, lavoravamo dall’interno, ebbero la fortuna di assistere ad una gara che davvero ha segnato la storia del Cross. Anzi, per molti quella è stata la gara che ha dato l’inizio al Motocross contemporaneo. Merito di tutti, ma soprattutto di quel vero e ancora unico Dream Team che arrivò dagli States con una concentrazione pari alla loro classe cristallina. O’Show, Bad Boy e Little Professor (ovvero Johnny O’Mara, Ricky Johnson e David Bailey) a quei tempi li vedevamo in rare fotografie sulle riviste specializzate made in USA che prenotavamo all’edicola; per le foto si sviluppavano ancora i rullini e internet … c’era sì ma solo con quel primo clic che dall’Italia partì proprio in quell’anno nel più assoluto silenzio. Viene da sorridere, pensando a quel 1986 con i Duran Duran, Madonna e Ramazzotti nelle radio mentre nei cinema di una volta si faceva la fila per “Top Gun” o “Alien lo scontro finale”.

 

Nonostante si fosse ancora in un mondo mediatico tradizionale, quella gara fece la storia e la sua eco ancora riverbera ai giorni nostri. Merito di quei giovani americani che più che dominare fecero vedere che cosa era il Motocross moderno e merito pure dei nostri Rinaldi Maddii e Contini che salirono sul terzo gradino di quel podio che sembrava intoccabile. Sì, perché in quella gara al via c’era gente del calibro di Thorpe, Carlqvist, Kinigadner, Jobé, Geboers, Van De Berk solo per citarne alcuni. Immagini della gara? Potrei raccontarvi del salto in discesa a gas spalancato di O’Mara che con la 125 arrivò due volte secondo umiliando gli altri campioni della 500, potrei indugiare sulla tecnica di Rinaldi, sulla tenacia di Maddii o sul generoso Contini. I nostri portati a spalla sul podio dal pubblico. La foto simbolo, quella la conoscete: Bailey e Johnson che arrivano insieme a braccia sollevate al traguardo dell’ultima manche. Preferisco quella di David Thorpe seduto e sconsolato su una balla di paglia che non si capacitava di essere stato superato da O’Mara: lui con la sua fida 500 ed il biondino con la piccola 125. Anche l’immagine e la frase finale di David Bailey: ”Gara perfetta in una pista perfetta” sintetizza nella sua semplicità quello che il Dream team Honda guidato da Roger De Coster riuscì a fare a Maggiora in quel 1986.

Adesso il Motocross delle Nazioni torna dove è praticamente nato. Scommetto su un altro evento straordinario ma senza nostalgie o retoriche dei bei tempi andati. Il Motocross non lo permette: nuovi campioni e nuove sfide ci aspettano dopo trenta anni. Sempre sulla “pista perfetta”.

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