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Pernat: “Ora la ruota gira”

L’Italia sta tornando? I nostri piloti possono di nuovo essere annoverati tra i più forti? Domande più che lecite in questo weekend di GP d’Italia al Mugello, dopo le grandi prestazioni in MotoGP di Rossi, Dovizioso e Iannone (ma anche Petrucci sta andando bene) e soprattutto a seguito del podio della Moto3 tinto di azzurro a Le Mans grazie a Fenati, Bastianini e Bagnaia. La risposta spetta a Carlo Pernat, manager storico del circus iridato e Responsabile Relazioni esterne del San Carlo Team Italia.

Il podio tutto italiano in Moto3 è stato una casualità o frutto di una crescita organica?
E’ stato il risultato di un vero e proprio percorso. Fino a qualche anno fa in 125 e Moto3 c’erano ben pochi italiani capaci di andare costantemente a punti, il nostro motociclismo stava attraversando un pessimo periodo. Ora va decisamente meglio e, da uomo di sport, dico che l’intervento della Federazione Motociclistica Italiana è stato determinante. Aver ricreato il Team Italia significa aver portato dei ragazzini nel Mondiale; questa strategia ha pagato infatti piloti come Fenati e Antonelli hanno militato proprio nella squadra della FMI. Dopo il Team Italia è nata l’Academy di Rossi; una fortuna averla, perché si tratta di un’ottima struttura, così come il Racing Team di Fausto Gresini. Insomma, questo percorso è nato dall’iniziativa della Federazione e seguito da altri, un iter durante il quale sono state poste basi molto solide di cui si stanno vedendo i primi aspetti positivi. Grazie ai giovani italiani ora non c’è più i dominio spagnolo e la scuola italiana sta tornando con dei piloti di prospettiva che andranno avanti anche in Moto2 e MotoGP.

Quanto ci vorrà per completare questo percorso?
Ormai la ruota sta girando e vedo che i programmi dei team italiani proseguono nella giusta direzione. Serviranno altri tre anni per vedere i risultati di questo cambiamento anche nelle classi maggiori perché dovremo aspettare che i giovanissimi di oggi crescano. In questo momento comunque Andrea Iannone, che ha 25 anni, può rappresentare il nostro futuro nella classe regina.

Talvolta il pubblico si aspetta dai piloti più giovani degli ottimi risultati fin da subito. Qual è il tuo pensiero in merito?
La verità è che purtroppo oggi esiste la moda della caccia al fenomeno, il quale però nasce una volta ogni 20 anni. Bisogna capire che entrare nel motomondiale è davvero molto complicato, soprattutto a 15-16 anni, quando i ragazzi devono diventare uomini. In questo senso, dal punto di vista morale, la FMI sta svolgendo egregiamente il suo compito, così come sotto l’aspetto sportivo. Non è necessario ottenere subito grandi risultati; nel primo approccio al Campionato del Mondo il pilota deve crescere dal punto di vista umano e professionale.

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